Gianni Berengo Gardin

Gianni Berengo Gardin e' un fotografo italiano nato a Santa Margherita Ligure nel 1930.  Cresce e studia a Venezia, la sua vera citta' natale ( come racconta lui stesso, e' nato in Liguria solo perche i suoi genitori si trovavano in vacanza li'). 

Inizia a dedicarsi alla fotografia all'inizio degli anni '50. Da quel momento non smettera' mai di fotografare, accumulando cosi' un archivio fotografico monumentale capace ti raccontare l'evoluzione del paesaggio e della societa' italiana dal dopoguerra ad oggi. Fin dall'inizio focalizza la sua attenzione su una varieta' di tematiche che vanno dal sociale, alla vita quotidiana, al mondo del lavoro foino all'architettura ed al paesaggio. Berengo Gardin e' quindi un fotografo eclettico, apprezzato a livello internazionale, e che e' stato spesso accostato a Henri Cartier-Bresson per il lirismo della sua fotografia. Ma e' lui stesso a negare questo accostamento, pur ribadendo il rispetto per Bresson : "Mi dicono spesso che sono il Cartier-Bresson italiano, in realtà sono il Willy Ronis italiano, anche se una delle cose di cui più mi vanto è la dedica in cui Henri Cartier-Bresson mi scrive: “A Gianni Berengo Gardin con simpatia e ammirazione”. Avere l’ammirazione di Cartier-Bresson è il massimo, poi si può morire in pace."

La formazione fotografica di Berengo Gardin ebbe una svolta proprio grazie alla Magnum ( anche se indirettamente), di cui Cartier Bresson e' stato fondatore : all' inzio deglia anni '60 un suo parente americano lo mise in contatto con Cornell Capa, che gli fece avere alcuni libri di fotografia: da quel momento stabilisce che la sua fotografia dovra' seguire le orme dei grandi fotografi di Life e Magnum, raccontando la societa' con gli occhi di un artigiano votato all'impegno sociale. Di li' a poco, mentre mostra le sue foto ad suo amico in un bar, incontra un editore che lo fa entrare nel mondo del fotogiornalismo. Da li' ebbe inizio una carriera da fotografo professionista che lo ha portato a realizzare oltre 200 mostre in tutto il mondo ed altrettante pubblicazioni.

Le sue fotografia affrontano varie tematiche, ma l'indagine sociale e' cio' che piu' caratterizza il lavoro di Berengo Gardin: "Il mio lavoro non è assolutamente artistico” racconta Berengo Gardin “e non ci tengo a passare per un artista. L’impegno stesso del fotografo non dovrebbe essere artistico, ma sociale e civile”, spiega il fotografo veneziano.

Alcuni suoi lavori hanno toccato tematiche veramente delicate della societa' italiana. Negli anni '70 realizza Morire di Classe, un reportage sui manicomi italiani che dette risalto alla battaglia combattuta a quel tempo da Franco Basaglia.  Quella documentazione, condotta da Berengo Gardin insieme a Carla Cerati  fu per l’Italia un vero choc. La fotografia entrava di prepotenza all’interno di strutture proverbialmente chiuse e faceva luce – nel vero senso del termine – su condizioni e situazioni che fino a quel momento non dovevano essere mostrate.


“Si era nel Sessantotto. Franco Basaglia si batteva per la chiusura dei manicomi e insieme a Carla Cerati, fotografa milanese, avevamo realizzato delle fotografie per L’Espresso sui manicomi. Vedendole, Basaglia rimase allibito. Si trattava di fotografie mai viste prima in Italia. Così, abbiamo deciso di farne un libro, Morire di classe, che, con l’aggiunta di testi di Basaglia, ha fatto conoscere all’Italia le condizioni tragiche di questi malati.” In questo modo GianniBerengo Gardin, in un testo recente, ricorda la genesi di uno dei lavori più forti, decisi e importanti della storia del fotogiornalismo italiano.

Recentemente quella documentazione e' stata di nuovo raccolta nel libro Manicomi. Psichiatria e antipsichiatria nelle immagini degli anni settanta.